lunedì 24 febbraio 2014

ESTATI

Estate 1965, mia madre decise che era impossibile resistere al caldo nelle nostre tre stanze e che di conseguenza ci saremmo trasferiti dalla nonna che abitava a circa ottocento metri da casa nostra, non avendo alcun bisogno di fare i bagagli prese per mano me e mio fratello e ci incamminammo verso l'abitazione dei nonni materni la cui casa  era stata costruita cntinaia d'anni prima.

 Dal tipo di architettura e dalla tipologia di costruzione, oggi posso dire con una certa sicurezza che non ha meno di cinquecento anni, le mura larghissime del pian terreno ci avrebbero consentito di schivare la calura e la cameretta dietro a quella dei nonni con l'enorme e morbidissimo materasso di piume, ci avrebbe garantito una buona sistemazione.

  La casa dei nonni era in una zona a tutt'oggi chiamata "castello" e le vie interne, dritte e parallele a formare un reticolo, in origine erano racchiuse da mura difensive e certamente da un ponte levatoio.

Le strade del "castello" non erano asfaltate, c'era una fontana  ed i bagni pubblici.

Fu durante quell'estate che imparai ad andare in bicicletta senza le rotelle, girando libero fra le vie feci amicizia con molti bambinetti all'incirca della mia età, fu proprio il primo giorno in cui imparai ad andare bene in bicicletta che entrai nella terza via dietro la casa dei nonni, la prima cosa che mi colpì fu nun forte odore di fogna e poi vidi l'abitazione da cui proveniva, le pareti esterne erano dipinte di un colore di cui era rimasto  solo qualche chiazza, coperto da strati di fango e sporco, una scala in legno all'esterno portava al piano superiore e la balaustra embrava talmente malmessa da poter cedere da un momento all'altro.

"Chè ardèt?" fui sorpreso da un vocione di una donna con un enorme testa di capelli mossi, si era rivolta a me, "niente, stavo passando" le dissi spingendo sui pedali, mi allontanai rapidamente e la sera dopo cena chiesi a mia mamma chi abitasse in quella via, mi rispose che era gente molto povera, ma che non c'era nulla da temere, anzi, la signora che mi aveva apostrofato li aveva aiutati più volte a trasportare la legna per riscaldarsi in soffitta.

Passai in quella via molte volte quell'estate, ma sempre aumentando l'andatura, spesso la gente urlava in quel misero appartamento, ma io non avevo alcuna paura.

Man mano che passavano i giorni presi sempre più confdenza con i nuovi amici, si giocava a biglie, a pallone, a libera ferma, a nascondino, verso l'imbrunire le nostre urla  si mischiavano con quelle delle rondini che in stormi compatti giravano intorno alla grande chiesa che confinava proprio con la piazza del "castello".

Le case avevano spesso due ingressi su due vie parallele, la minestra di riso o la frittata con le erbe della nonna Ester avevano un profumo talmente intenso che potevo riconoscerle da due via di distanza.

Dal mese di Luglio mio padre rientrava prima dall'aeroporto ed un paio di volte a settimana  ci portava al lago, la nostra piccola fiat 500 era colma di materassini  salvagente e salviettoni, tornavamo a sera inoltrata giusto per cena, non era raro che si cenasse con un enorme anguria che dividevamo con i nonni e gli zii,  allora solo fidanzati.

Le mie estati trascorrevano così, pallone bicicletta  ed esplorazioni la mattina, gli odiatissimi compiti delle vacanze nelle prime ore del pomeriggio e poi un turbinio di giochi da tavolo ed interminabili  partite a calcio.

 Dopo cena di nuovo fra le vie, liberaferma, nascondino fino al richiamo delle nostre madri.a meno che la TV non trasmettesse "l'uomo e il mare", le bellissime storie di mare di aques Costeau che ci tenevano incollati allo schermo fino all'ora di andare a letto.

A dieci anni andai al mare in Liguria per la prima volta, degli amici ci avevano trovato una camera con l'utilizzo di una zona della sala da pranzo e la cucina in una splendida villa con una vista sul mare incredibile.

Mi innamorai di quel posto come di una bella donna e, lo ammetto, ne sono innamorato tutt'ora.

Fu in quel posto in cui presi la mia prima cottarella e fu lì in cui mi innamorai per la prima volta

Ora nella casa dei nonni ci lavora mio fratello, quando vado a trovarlo per due chiacchere ed un cafffè mi stupisco sempre di quante persone vivessro in quei centodieci metri quadrati e camminando tra le strade dritte ora perennemente silenziose del "castello" penso  a quanta vita scorresse in quelle vie ora piene di case in vendita e di di uffici, il chiasso delle partite a bocce, il fresco del cantinone, le partite a tamburello degli adulti, pure le rondini sono quasi sparite dai nostri cieli.

Quanto abbiamo perso in tutti questi anni..., ed in cambio di cosa? 

 
Castello di Castenedolo | Brescia | Lago di Garda | - Garda tourism








lunedì 17 febbraio 2014

LA CASTIGAMATTI

Un post all'insegna della leggerezza, sopo un Lunedì 17 da panico un briciolo di frivolezze aiutano.

I Gatti sono entrati a far parte della mia famiglia da una quindicicina d'anni, dapprima un bel gattone rosso, poi uno strano incrocio fra un Soriano ed un siamese.

  Per i suoi diciotto anni mia figlia ha chiesto in regalo un gatto nero e così è arrivato Sky (lo so , un nome orrendo, ma l'ha scelto la figlia...), un micione da nove chili con delle unghie da far paura ed un caratteraccio mica da ridere, nessuno in casa è sfuggito ai suoi morsi ed ai suoi graffi ed il cane del vicino di casa si è ritrovato il naso aperto in due solo perchè aveva infilato la sua appendice olfattiva fra le maglie della rete del giardino.

Crescendo ha smussato gli spigoli del suo caratteraccio, ma ha anche manifestato molti pregi e qualche sorpresa, se ad esempio la ciotola del cibo è vuota dapprima inizia la danza fra coccole e strusciate (le fusa no, le fa solo alla sua adorata "padrona") dopo di che se siamo troppo affaccendati per riempirla di nuovo fino all'orlo salta sul muretto del salotto e SUONA le campae tubolari appese giusto sopra il muretto.

Altro che i cani di Pavlov....

Dopo la dipartita per vecchiaia dei primi due micioni sono arrivati altri due trovatelli, un altro rosso ed un piccolo soriano.

Ma a Giugno al compleanno della moglie la richiesta è stata perentoria..., una micetta.
Moglie e figlia sono andate a prelevare una gattina dal gattile nel comune vicino al nostro, ma le sue condizioni sono apparse fin da subito disperate, dopo un ricovero d'urgenza la micetta è spirata ventiquattro ore dopo il prelievo dal gattile.

  Presi la decisione di scegliere in piena autonomia la gatta richiesta come regalo da mia moglie, ed optai per una splendida Maine Coon di due mesi che l'allevatore fiorentino in viaggio in Lombardia ci portò portato a pochi chilometri da casa.

Dopo due interi giorni di grandissima diffidenza in cui è stata da sola in contatto con mia moglie (mi è toccato dormire in taverna!) la Micia si è cocnessa alle coccole di tutta la famiglia.

Ora sta crescendo a vista d'occhio, risponde al volo al proprio nome, sempre propensa a farsi coccolare, si arrampica sull'albicocco in giardino con un agilità incredibile ed a differenza degli altri mici scende con il sedere all'indietro, salta come una molla ed adora essere spazzolata, naturalmente ha soggiogato gli altri tre maschi ai propri voleri, la scelta della cesta, della ciotola da cui mangia, la postazione acanto al tavolo.., una vera e prorpria castigamatti....

Eccola.... (e scusate ancora gli "orrori" di battitura della prima stesura)...

 Kira | JuzaPhoto

 

Kira...




martedì 11 febbraio 2014

settantadue metri quadri

Vivevo in una bifamiliare incastrata fra due case
un vicino aveva un albicocco enorme
e le fronde scavalcavano il muretto fra le case
"mi dispiace vengo a tagliarle" mi diceva rattristato il vicino
ma le albicocche che faceva quella pianta
erano grandi come un arancia e dolci come una pesca.

Casa mia aveva quattro stanze, una bella cucina
ed un salotto piccolo, di luce non ve n'era molta
ma al tramonto il sole riusciva ad entrare di sbieco dalla finestra
ed illuminava lo specchio sopra il divano del salotto
e la stanza sembrava più grande, con il soffitto alto come fosse un salone
 Per me è stata una reggia.

Ora vivo in un bel posto, fra le colline vicino al lago
in mezzo agli ulivi e a splendide buganville
ma non ho più mangiato albicoche buone come qulle
che fuggivano dal vicino per farsi cogliere da me
e di sole a casa mia ora ne ho quanto ne voglio,
ma non è quello che riluceva sullo specchio del salotto.

Ho sempre tentato di migliorare le mie condizioni
ma so che per strada ho perso qualcosa
è come se uscendo di casa una mattina piovosa
continui a frugarti le tasche perchè sai che ti manca qualcosa,
ma io oggi penso di aver capito cosa ho perso.
Tutti gli attimi belli che ho passato in quel posto
in un certo modo sono rimasti lì.

Penso a mia moglie che mi sorride dalla sedia a dondolo
mentre lavora il mezzopunto in veranda.
Penso ai primi passi di mia figlia, ai caffè offerti a mio padre
alle gite in bicicletta fino alla pista dell'aeroporto
con il mio bimbo sul sellino che si tappava le oreccchie per il rumore.
 Quanto era bella mia moglie a venticinque anni!
Ed io per lei con dieci chili e vent'anni in meno?

Non sono disposto a perdere questi momenti
non possono cadere nell'oblio, li terrò stretti con me
perchè sono miei e li amo tutti come  figli
ne ho bisogno per un giorno di pioggia
quando il sole sembra sia stato rubato
e ti senti il cuore freddo e gli occhi stanchi

e non hai più la voglia di alzarti per uscire
e non riesci più a ensare che ci sia un domani.













lunedì 3 febbraio 2014

Cervo, un borgo di quiete

Vico dei limoni è uno splendido scorcio di Liguria incastonato in quel tesoro di meraviglie che è il comune di Cervo.

Ogniqualvolta mi reco nella mia regione preferita non manco mai di passare un intera giornata in questo borgo a picco sul mare, dalle stradine strettissime e dalla splendida piazzetta davanti alla parrocchiale che offre una vista che è pura poesia.

La vacanza spesa in questo luogo ha qualcosa di speciale, i rumori della via Aurelia sono lontani, qui c'è solo il fruscio del vento ed una quiete assolutametne meravigliosa, probabilmente un posto più adatto alla lettura, allo sfuggire dalla caciara quotidiana piuttosto che un luogo vacanziero.

La mia compagna ne è rimasta folgorata, purtroppo non riusciamo ad affittarci un appartamento per tutto l'anno, ma se le nostre condizioni economiche migliroassero probabilmente è qui che vorrei a passarci ogni giorno libero.

Ho rubato alcuni scorci a questo gioiello, considerateli un prestito....




Cervo, Vico dei Limoni...
 VICO DEI LIMONI
 Campanile dell'Oratorio...
IL CAMPANILE DELL'ORATORIO E SOTTO LA TIPICA FINESTRA DEI BORGHI LIGURI IN VERSIONE MODERNA)
 Finestra a cervo...

CERVO, SCORCIO.
il lato...

CERVO, UN VICOLO
caruggi...

sabato 1 febbraio 2014

IL BUIO E LA NOTTE


Mi ero svegliato alle undici, mi stavano portando in terapia intensiva, dissi due parole all'enorme infermiere che con l'aiuto di un collega stava spostandomi dalla barella al letto.

Mi chiesero se ci vedessi, risposi di si, ma che la mia vista non era molto buona, avevo la bocca ipastata ed una sete incredibile, mi sentivo stanchissimo, avevo caldo e freddo nello stesso tempo, chiesi dell'acqua, mi fu risposto che per ventiquattro ore non avrei potuto bere, potevo solo inumidire una garza e succhiarla.


Era un reparto molto affaccendato, alla mia sinistra avevo un signore che stava tirando giù tutti i santi del calendario, alla mia destra il letto era vuoto, dopo due ore iniziai a perdere la pelle del palato, respirare dalla bocca senza poter bere era più difficile di quanto pensassi.


Ero nudo sotto le lenzuola, entrò mia moglie, mi chiese come stessi, le risposi che non andava male, le  concessero solo un minuto, poi fu la volta di mio padre, gli dissi del problema del palato, mi rispose attraverso la mascherina che non potevo bere, se ne andò curvo nella tuta di carta azzurra  che indossava.


I problemi giunsero nel primo pomeriggio, iniziai a non veder bene, ne parlai con la caposala, non successe nulla, ma io iniziai a scivolare in un mondo parallelo, dove le luci si stavano via via attenuando ed i suoni prendevano importanza fino a diventare l'unico collegamento con la vita che drammaticamente scorreva intorno a me.


Il letto di destra venne occupato da un ragazzino con una commozione cerebrale che aveva causato un ematoma inoperabile, dopo qualche ora fu portato in reparto in osservazione; il letto venne subito occupato da un signore operato da un carcinoma alla gola, respirava a malapena, gli venne praticata più volte l'aspirazione del muco, sentivo il rumore di un marchingegno che ricordava un aspirapolvere, nel frattempo erano venuti a controllarmi la vista in tre medici diversi, ognuno disse la sua ed io vivevo in un mondo di penombre, ma mi parve che anche loro brancolassero nel buio.


Il paziente alla mia destra non si stava riprendendo, arrivò la moglie che lo chiamò per nome più volte, ma non ricevendo risposta commentò con un acido "che me ne faccio io di un uomo così", uscendo la signora grassa che aveva fatto scricchiolare la sedia nell'alzarsi non sentì il lungo respiro del marito che certamente incapace di parlare, ma sicuramente in grado di sentire, si era arreso, le lacrime furono spese dal genero, smise di resprare in un paio di minuti.


Avevo cominciato a sentire un dolore via via sempre più intenso dietro gli occhi, mi tenevo la mente occupata pensando alla mia bimba di poco più di un mese, alla mia splendida moglie,.alle pere che stavano crescendo nel giardino di casa.


Il paziente nel letto di sinistra aveva avuto una crisi ipertensiva, a stento i due infermieri professionali riuscirono a tenergli la pressione sotto i duecento, io lottavo sempre contro il dolore che pareva ormai un chiodo giusto detro gli occhi.


Mi appisolai, vinto dalla spossatezza, pensando a mille piccole cose che avrei potuto fare una volta dimesso.

Fui svegliato da un medico che puntò una torcia sui miei occhi, curiosamente riuscii a vedere la resistenza della lampadina di un rosso vivido, ma non vidi la piccola parabola illuminata, sentii il medico borbottare qualcosa, chiesi siegazioni che non mi vennero fornite.

Nel corridoio di fronte alla mia stanza mio padre  mia moglie ed il mio amico Mauro erano accorsi alla chiamata del chirurgo che mi aveva operato, venne detto loro che ero cieco e che dovevo essere "riaperto" d'urgenza, mia moglie svenne.


Sentivo in distanza le urla che provenivano dalla saletta TV, urla di delusione, intuii che l'Italia era stata battuta dall'Argentina, mi sarei risparmiato i caroselli che avevano contraddistinto qelle "notti    magiche".


Mi chiamò per nome il chirurgo, mi disse che mi avrebbe somministrato una forte dose di corticosteroidi per vedere di evitare il nuovo itnervento, scivolai in un dormiveglia agitato.


Mi svegliai mentre mi stavano mettendo su di una barella, sentii la mano di mio padre afferrare il mio polso "ciao Ciccio, non ti vedo" gli dissi, mi portarono a fare una TAC per capire con esattezza cosa stesse succedendo, ma i medici non ebbero risposte.


Tornato in reparto dopo due ore di incubi, urla e strepiti del mio compagno di stanza alla mia sinistra venni portato in sala operatoria, chiesi di poter parlare con il chirurgo, dissi che non avrei autorizzato in alcun modo l'intervento se non avessi ricevuto spiegazioni, il chirurgo arrivò dopo un consulto di circa un ora, mi disse della complicazione, dell'emorragia che stava rendendomi cieco, mi spiegò che avevano deciso di "aprirmi" con un incisione dalla tempia alla fronte, acconsentiii all'intervento, non potevo restare cieco, non potevo pesare solo sulle spalle della mia compagna.


Mi svegliai nel solito letto in terapia intensiva, ci vedevo nuovamente, male, molto male, ma distinguevo la penna che aveva in mano il chirurgo, mi chiese cosa vedessi, gli risposi che aveva in mano una BIC cristall con il cappuccio blu, mi disse che era stata la sua peggior notte e che andava a dormire.


Venni dimesso dopo undici giorni, ebbi una degenza post operatoria molto complicata, potei camminare dritto sulle mie gambe solo venti giorni dopo le mie dimissioni.


Un anno fa entrando nella casa di un cliente per motivi professionali vidi che era accompagnato da un assistente e che non ci vedeva, notai che aveva la mia stessa cicatrice in alto sulla parte destra della fronte, e capii cosa avesse passato e cosa stesse sperimentando.


Rivissi la medesima esperienza sei anni fa, quando venni nuovamente operato per la medesima patologia, ma le tecniche chirurgiche erano cambiate, i medici erano cambiati, l'approccio con i pazienti era cambiato, operato il lunedì mattina, il sabato successivo mangiavo una fetta si St Honorè nella cucina di casa mia, con mia moglie suoceri ed i miei due figli, questa volta non avevo sofferto, questa volta era andato tutto bene, ma mio padre non era più con me per rallegrarsene.