martedì 3 settembre 2013

IL RITO il pellegrinaggio

21 Ott 2012 - 14:01:06
IL RITO




Una mattina, l'inverno ha ceduto il passo ad una timida primavera, ma la temperatura è ancora troppo fredda per una passeggiata con la famiglia, è tempo che io realizzi un rito che celebro ogni anno.

Le scarpe da trekking sono come sempre nel baule della mia auto, il tempo di infilarmi un paio di calze di spugna, una maglietta in cotone a maniche lunghe, un paio di jeans pesanti ed una felpa in pile e sono pronto, lo zaino è sempre nella libreria nella mia stanza, lo apro, metto dentro il corpo macchina Canon, una 5D che ho da un paio d'anni, poi scelgo gli obiettivi, certamente il Distagon 25mm, poi il Planar 60mm macro e per finire il Sonnar 180mm, i nomi sono vecchi di un secolo o quasi, sono progetti sviluppati dai matematici della Carl Zeiss, copiati, certamente, migliorati, perchè la tecnologia si evolve, ma con un anima propria e visto che devo compiere un rito, quali ottiche possono competere con queste?, le ho adattate con un anello alla Canon Digitale, certo, si lavora in manuale, ma a me  importa poco, completano l'attrezzatura un paio di filtri polarizzatori, perchè mi ostino a lavorare più sulla ripresa che sulla post produzione, una batteria per la 5D (non si sa mai) ed un flash anulare Sigma per la Canon.
 
Afferro lo zaino caricandolo su di una spalla, la mia famiglia dorme, parto verso la mia meta, un viaggio breve, quindici minuti fra olivi e vigneti, devo scavalcare una collina e scendere verso il lago, la Valtenesi, che inizia a monte con il comune dove abito, finisce proprio nel posto che è la mia meta.
 
Imbocco Via Agello e parcheggio l'auto davanti al bar al costo di tre Euro, saluto il gestore, ci conosciamo da molto tempo, l'aria è frizzante, siamo in quattro gatti a sfidare i dodici gradi di una primavera ancora timida.
 
Sono nel parco del Monte Sasso, a dire il vero il nome è assolutamente immeritato, si tratta di uno sperone di roccia maestosamente a picco sul lago di Garda sormontato dalla rocca, sessanta metri più del lago, ma questo è un posto magico, nessuno fra le persone che vi ho portato è rimasto indifferente alla bellezza del luogo, che come ogni sito carico di magia, lascia un senso di incompletezza ogniqualvolta lo si lascia alle spalle.
 
Prendo il viottolo scrutando con attenzione i segni premonitori della stagione, il fossato ha sul fondo quattro dita d'acqua, buon segno, scorgo qualche bocciolo di viola e qualche primuletta, arrivato ad una grossa quercia il tracciato devia a sinistra, è in fase di realizzazione l'ampliamento di un lago intramorenico che nei secoli scorsi occupava larga parte dell'avvallamento che mi trovo di fronte, circa duecento anni fa ne è stata ridotta l'ampiezza drenandone le acque, ma oggi si tenta di ripristinare un habitat più favorevole alle specie di volatili presenti da sempre nel parco (Martin Pescatore, Upupa e molti altri); a lavori terminati si potrà raggiungere una postazione protetta senza disturbare la fauna.
Accanto al lago sorgeva una villa romana di cui rimangono solo pochi frammenti che emergono dal prato ogniqualvolta questo viene arato, mia figlia vi ha trovato un chiodo in rame a sezione quadrata, ormai non resta che poco o nulla, i muri, le pietre, le tegole furono riciclate per la costruzione di altri edifici in apoca medioevale.
 
 
Il sentiero inizia a salire, attraverso un bosco termofilo che copre le pendici del Sasso, scorgo l'erba nebbia che deve ancora germogliare, le specie sempreverdi come l'Elleboro il pungitopo e l'agrifoglio, nelle radure accanto al sentiero da qui a un mese troverò esemplari della serapias Vomeracea, un orchidea selvatica dalle fattezze insolite.


L'inverno ha lasciato della ruggine nei miei polpacci, salendo lungo il sentiero mi fanno male e l'attenzione con cui devo appoggiare i piedi sulle pietre mi aiuta a distrarmi, salendo mi ritrovo ad uscire dal bosco termofilo, a sinistra cenni di macchia mediterranea, a destra un prato arido, intravedo la cima del colle, una quercia cresce in poca terra accanto ad un manufatto in mattoni rossi, si tratta di un reperto che risale al 1926, era un punto di riferimento per la telemetria che si utilizzava per verificare la velocità degli idrovolanti del reparto alta velocità di Desenzano, gli idrovolanti Macchi progettati da Castoldi erano di un rosso fiammante, per anni contesero la coppa Schneider agli idrovolanti britannici, la coppa la perdemmo, ma proprio nel tratto di lago di fronte a me venne ottenuto il record mondiale di velocità per un idrovolante, record (per idrovolante con motore a pistoni) tutt'ora imbattuto.
 
Il pensiero del rombo dei motori in linea mi ha distratto dalla vista che si gode da questo punto.
 
La giornata è limpida, il lago dà un colpo d'occhio che non ha mai lasciato indifferenti le persone che ho accompagnato in questo luogo, a sinistra in basso la spiaggia di Pisenze da dove verso sera, nelle calde giornate di Luglio, amo farmi lunghe nuotate, di fronte l'Isola di S. Biagio, conosciuta dai bresciani come l'isola dei conigli, appena più in là l'isola del Garda con il suo grande palazzo costruito nell'ottocento in stile veneziano, salendo verso nord con lo sguardo si scorge il golfo di S. Felice e quello di Salò. Salendo ancora si vedono via via Gardone, Maderno, Toscolano, poi il profilo del lago mi impedisce di guardare più a nord, discendo con lo sguardo la costa Veronese, Bardolino, Torri del Benaco, scorgo una torre di un attrazione del parco giochi di Gardaland, più a sud Peschiera, la torre del museo risorgimentale di Solferino, la penisola di Sirmione di cui si scorgono nitidamente i resti della maestosa villa romana di epoca imperiale.
 
Rivolgo lo sguardo verso l'entroterra, alle mie spalle il parco pare un anfiteatro rivolto verso la Valtenesi, il luogo dove vivo, dove ho sempre voluto vivere e che sento come la mia casa.
 
Negli anni i comuni di questo comprensorio sono stati oggetto di speculazioni edilizie, le amministrazioni hanno spesso ceduto il buon senso in cambio di cemento, ma tuttavia rimane un posto incantevole, il progetto di un parco dei colli morenici è tramontato, ma qualcosa di analogo è proprio ora in gestazione, questi luoghi vanno preservati per i nostri figli e nipoti.
 
Termino la panoramica con la rocca che sovrasta il Sasso, di origini medioevali è stata edificata su precedenti insediamenti, si tratta di un luogo dove sono stati rinvenuti manufatti ad uso votivo, Manerba deriva infatti da Minerva, la dea greca Athena.
 
Devo rimettermi in cammino, sono a pochi metri dallo scopo della mia scarpinata, scendo dal sentiero più vicino alla scogliera a picco sul lago, dopo cinquanta passi scorgo via via quattro orchidee selvatiche, incuranti del freddo, alla terza settimana di Marzo l'Orchis Speghodes (chiamata Orchidea del ragno) fiorisce in tutta la spropria bellezza, come ogni anno mi appresto a ritrarla, questa volta ho con me ho il Planar Macro, ringrazio ancora Ferruccio, l'amico che alla fine ha ceduto alle mie pressioni e che me l'ha venduto ad un prezzo di favore, il flash anulare fa il proprio dovere, essendo diviso in sue sezioni faccio prevalere quella di sinistra per proiettare una leggera ombra sulla destra che dà maggiore tridimensionalità al soggetto.
 
Finito, ho effettuato qualche buon scatto, ripongo il flash e l'obiettivo macro nello zaino, monto sul corpo Canon il 180 Sonnar, l'obiettivo progettato per le olimpiadi del 1936 a Berlino, dove anziché ritrarre la superiorità della razza Ariana immortalò lo strapotere di Jesse Owens, ammiro il lago sotto di me, inseguo i gabbiani reali che nidificano sulla scogliera (unico posto del nord Italia in cui si insedia e  nidifica questo volatile), scatto ancora, mi incammino verso un altro luogo denso di storia.
 
Dopo alcuni saliscendi dentro e fuori la vegetazione mi ritrovo accanto  ad una quercia ritorta dal vento, sotto le sue radici, una sessantina di metri più in basso qualche albero , una spiaggetta incantevole ed il lago, sulla parete verticale visibile alla mia  sinistra i segni lasciati da generazioni di piccoli di gabbiano reale, questa parete è un luogo ideale per la nidificazione, riparto in direzione sud, ed arrivo al casello del reparto alta velocità, una costruzione alta e stretta con un balcone da cui si accedeva da una scala in metallo, ho trovato un filmato dedicato all'aviazione militare Italiana prebellica, alcuni secondi in cui si inquadra questo casello pieno di apparecchiature per la telemetria.
 
Scendo ancora verso sud, alla mia sinistra un prato arido che fra tre settimane si riempirà di orchis Morio, e Papillonacea, fra quattro settimane fioriranno gli Ancamptis Pyramidalis, in un sito poco accessibile la bellissima Ophrys Apifera ed accanto ad un sentiero diverso da quello che ho seguito per salire fino al belvedere l'Orchis Coriophora, piccola, ma realmente bella, decorerà il prato.
Scendendo attraverso un bellissimo uliveto e dopo una breve salita ed un altrettanto breve discesa sono al parcheggio.
 
Anche quest'anno il rito si è compiuto, l'inverno non è stato troppo secco o troppo umido, e ciò ha permesso all'orchidea del ragno di fiorire direttamente sopra la scogliera, un omaggio ad una Dea a cui in provncia di Brescia sono stati dedicati ben due comuni.
 
Sono alla vettura, due ore di saliscendi sono un bel rodaggio, verrò qui molte volte da oggi alla prima settimana di maggio, nuovamente si ripeterà il rito della fioritura di queste gemme dai stupendi colori, l'impollinazione di alcune di loro è deputata ad un singolo insetto, ad esempio l'anacamtis Pyramidalis attrae una farfalla simulando i feromoni femminili ed offrendo del nettare...sesso e cibo sono un offerta a cui nessun maschio può sottrarsi, lo scatto più bello che ho perso è stato avere a due metri una farfalla Ipichiclides podalirius  che si stava “accoppiando” con un Anacamptis Pyramidalis, mi sembrava di violare un antico rito, me ne sono andato senza far rumore per il timore di disturbare. 
 
Orchis Speghodes

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